Birra e miti – La bevanda più antica del mondo

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Com’è ufficialmente riconosciuto, la birra è una delle più antiche bevande mai prodotte dall’uomo, e oggetti legati alla sua creazione o al suo consumo sono stati trovati in molti siti archeologici risalenti al mondo antico. Secondo i ritrovamenti nel sito sumero di Godin Tepe, nel moderno Iran, la produzione di birra può essere datata indietro nel tempo fino al 3500 a.C. Inoltre, un sigillo sumerico del 4000 a.C. mostra due figure intente a bere assieme, indicando che l’abitudine sociale del ritrovarsi a chiacchierare davanti a un boccale di birra esiste da migliaia di anni.

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Anche il Codice di Hammurabi, il più antico insieme di leggi proveniente da Babilonia, stabilisce il prezzo corretto della birra e minaccia multe e punizioni per i mastri birrai e rivenditori: coloro che diluiscono la birra rischiano di essere annegati nel loro stesso prodotto e chi la altera può persino venir messo a morte. Questi duri castighi indicano quanto tale bevanda fosse tenuta in considerazione nelle società antiche.

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La birra come via per l’illuminazione

Secondo i sumeri, la birra venne creata direttamente dagli dèi. La dea ad essa collegata si chiamava Ninkasi ed era la figlia di Enki, il dio della scienza e del sapere. La dea nacque da una sorgente di acqua fresca con il compito di “soddisfare i desideri e dissetare i cuori“, e possiamo dire che abbia assolto molto bene al suo dovere!
Il primo testo che ci parla di lei è una tavoletta conosciuta come Inno a Ninkasi (datato 1800 a.C. ma probabilmente copia di un testo più antico). In questo inno si loda la dea della birra e si dà una ricetta per la fermentazione. Il testo spiega di rigirare bene il composto con un mestolo; aggiungendo erbe aromatiche, miele e cereali; quindi versare il malto in una giara e poi da lì filtrarla nel tino. Ne risultava una birra che veniva comparata ai fiumi Tigri ed Eufrate, capace di portare vita e illuminazione a coloro che l’avrebbero bevuta. Le prime a fabbricare la birra erano donne, probabilmente le sacerdotesse di Ninkasi.

Nel mondo antico non dobbiamo dimenticare che spesso l’acqua non era potabile o conteneva pericolosi batteri, che gli uomini non avevano modo di notare. Il processo di fermentazione era un metodo utile e funzionale per uccidere i batteri ed evitare di bere acqua velenosa, ecco perché la birra era considerata tanto utile e benefica. Possedeva inoltre nutrienti che non si potevano trovare nelle altre bevande, perciò sappiamo che i lavoratori sumeri ricevevano ogni giorno delle razioni di birra d’orzo per mantenersi forti e attivi.

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tavoletta sumera che mostra le razioni giornaliere di birra assegnate ai lavoratori del tempio

Oltre a Ninkasi, il pantheon sumero annovera tra le sue fila anche Dumuzi, il dio del raccolto e della vegetazione venerato anche dagli Accadi, Assiri e Babilonesi. Dumuzi era sposo di Inanna che, oltre a essere la dea dell’amore, della fertilità e della guerra, era anche la patrona delle taverniere. Anche nell’epica di Gilgamesh, l’eroico sovrano ha un importante incontro con una taverniera, che non è soltanto un’umile dispensatrice di bevande, ma si tratta di una dea che gli darà ottimi consigli, aiutandolo a trovare l’isola dell’immortalità.

Inoltre, già nel periodo della prima dinastia dei re di Sumer, si parla di un’antica divinità dei campi e dei raccolti, chiamata Ashnan, che era stata incaricata assieme al fratello Lahar (dio delle mandrie e dei greggi) di procurare buon cibo e buona birra per il resto del pantheon divino.

Nel momento del grande diluvio, che viene raccontato anche nei testi sumeri e babilonesi (e che somiglia molto a quello che successivamente sarà annoverato tra i più famosi passi biblici), la terra è completamente invasa dalle acque tumultuose e gli dèi, spaventati si ritirano nell’alto dei cieli per scampare al disastro. Sono atterriti e piangono per le sorti del pianeta e del genere umano, e leggiamo che in cuor loro hanno bisogno di qualcosa che li tiri su di morale e soffrano all’idea di non poter più gustare la buona birra prodotta dai cereali ormai divelti dalla potenza del diluvio.

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Utanapishtim costruisce l’arca, su consiglio del dio Enki

Forse non è un caso che, sia nella Bibbia che nel mito raccontato sia dai sumeri che nell’epica di Gilgamesh, una delle prime cose che fece Dio (o gli dèi) una volta che le acque si furono ritirate, fu piantare alberi di vite e spiegare agli uomini come produrre il vino. Non si tratta proprio di birra, ma è pur sempre una bevanda alcolica. Insomma, dopo il diluvio c’era bisogno di rallegrarsi e pensare positivo.

Il ricco e misterioso pantheon sumero è il protagonista del volume Miti di Sumer, dove ho raccontato i più bei miti e leggende dello straordinario primo popolo comparso sul nostro mondo.

La bevanda capace di placare gli dèi

Non erano solo le divinità mesopotamiche ad amare la birra, anche in Egitto questa bevanda era molto apprezzata. Sappiamo infatti che Ra, il dio sole, regnava da molto tempo ed era ormai considerato vecchio e debole dal suo popolo, che lo derideva. Infuriato, Ra prese una drastica decisione: avrebbe sterminato l’impudente genere umano! Chiamò Hathor, la dea con testa di vacca, che gli era molto cara, e la pregò di mettere in atto una totale distruzione. La gioiosa e benevola vacca divenne allora una feroce leonessa e assunse la forma di Sekhmet, spargendo ovunque morte e distruzione e dissetandosi solo con il sangue delle sue vittime. Vedendo un simile scempio, Ra si pentì della propria decisione e chiese alla dea di fermarsi, ma ormai era troppo tardi e Sekhmet provava un piacere perverso nel seminare devastazione. Ra decise allora di offrirle della birra, che colorò di rosso grazie al succo di melograno, dicendole che si trattava di otri pieni di sangue. Sekhmet si ubriacò e ben presto non fu più in grado di reggersi in piedi; barcollò e finì a terra, dove si addormentò profondamente. Quando si svegliò, aveva un terribile mal di testa e si sentiva talmente confusa e intontita che non avrebbe proprio potuto riprendere la sua danza di devastazione. Da quel giorno tornò ad essere la dolce e gentile Hathor dei tempi passati.

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Il giorno in cui l’umanità venne salvata dalla furia di Sekhmet era ricordato in una celebrazione durante la quale si beveva birra colorata di rosso con succo di melograno e si rendeva omaggio alla dea leonina, rivestendone le statue con stoffe vermiglie. Sekhmet, raffigurata come una donna dalla testa di leonessa, è legata al concetto di forza e potenza, e il suo nome veniva invocato dai guerrieri prima di scendere in battaglia.

Questa e molte altre leggende del mondo egizio sono narrate nel libro Miti Egizi.

I doni della birra nel mondo nordico

Le qualità della birra sono decantate anche in Finlandia, e più precisamente nel Kalevala, un poema epico del XVIII secolo che narra le origini della Finlandia e che raccoglie leggende nordiche risalenti a tempi remoti. Il Kalevala è suddiviso in 50 capitoli, e tutto il ventesimo è dedicato al racconto di come la birra fu creata dagli dèi.

Ecco un estratto da Leggende dal Kalevala, il libro in cui ho raccolto le leggendarie imprese degli eroi finlandesi:

Durante il banchetto nuziale tra il fabbro Ilmarinen e la bella figlia di Lohui, la strega del nord, mancava qualcosa per intrattenere e deliziare gli invitati. Lohui avrebbe voluto offrire ai suoi ospiti fiumi di birra, ma non conosceva la ricetta con cui prepararla. Domandò alle persone riunite, e allora un vecchio sciamano raccontò le origini della bevanda, dando modo alla padrona di casa di scoprire il modo in cui andava fatta.

Un tempo, nelle fiorenti terre della dea Osmotar, l’orzo cresceva accarezzato dal vento, mentre sugli alberi lì attorno dondolavano abbondanti grappoli di luppolo; nei pressi scrosciava era anche una sorgente cristallina, e questi tre elementi, l’acqua, l’orzo e il luppolo, strinsero tra loro una profonda amicizia e chiesero alla dea Osmotar di metterli assieme per creare qualcosa di meraviglioso.

La dea prese i tre ingredienti e li bollì in un calderone, ma non fu soddisfatta del risultato. Chiamò allora la cara amica Kalevatar, dea della terra di Kaleva, e le chiese consiglio. Questa seconda e nobile fanciulla immerse le mani nel calderone, mescolandone il contenuto e cantando magiche parole, dando origine a uno scoiattolo dal pelo candido come la neve. “Mia piccola creatura, – gli disse quindi – raccogli le pigne più belle dai rami dell’abete e portale qui, ma fai attenzione perché le grandi aquile potrebbero ghermirti!”

Allo stesso modo, Kalevatar impastò ancora il composto, facendo nascere una martora dalla pelliccia dorata. “Anche per te ho in serbo un compito pericoloso, – sussurrò la dea – dovrai infatti recarti nella tenebrosa caverna dove l’orso è in letargo, e una volta laggiù, dovrai raccogliere qualche goccia della saliva del predatore. Mi raccomando, stai attenta a non svegliarlo o ti divorerà in un sol boccone!”

Infine utilizzò il medesimo procedimento per dar vita a un’ape dalle rapide ali, alla quale disse “Mia piccola amica, raggiungi in volo le isole lontane, dove crescono i fiori più belli e profumati, e portamene il prezioso nettare. Bada bene a non finire vittima delle forti correnti marine, che potrebbero farti finire in acqua!”

Così lo scoiattolo, la martora e l’ape partirono in missione, stando molto attenti a non attirare l’attenzione dei predatori e a non cadere in balia della furia degli elementi. Tornarono tutti con ciò che era stato chiesto loro: le pigne più belle prese dagli alti abeti del nord, la saliva raccolta con grande attenzione dall’orso in letargo ed il nettare dei fiori più variopinti. Kalevatar e Osmotar li ringraziarono di cuore, quindi aggiunsero i nuovi ingredienti nel calderone, producendo una bevanda densa e spumeggiante, dal gusto delizioso, che da quel giorno in poi accompagnò gli uomini nei loro giorni più lieti. Così era nata la birra.

Ora che anche Louhi ne conosceva il segreto, fece preparare numerose botti straripanti di ottima birra, facendo sì che numerosi altri invitati accorressero al suo famoso banchetto.

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Nel mondo nordico la birra aveva un ruolo molto importante, infatti era portatrice di furore guerriero o di ispirazione profetica. Non per nulla, una leggenda norrena racconta di come la poesia arrivò fino agli uomini proprio grazie a Odino e a uno speciale idromele capace di conferire a chiunque lo bevesse il dono poetico.

Per saperne di più, ecco l’articolo sull’Idromele della Poesia.

I popoli norreni avevano una cerimonia chiamata sumbl che era incentrata sul bere bevande alcoliche per raggiungere uno stato d’estasi. In questo momento ispirato, i vichinghi ritenevano di saper discernere meglio la verità sia nel proprio cuore che nelle parole altrui. In questo rituale, colui che beveva era considerato vicino agli dèi. Durante particolari giorni dell’anno, si usava radunarsi e bere assieme un sorso da una coppa chiamata Coppa di Bragi. Gli uomini di alto rango se la passavano l’un l’altro e, dopo aver preso una sorsata, facevano i voti per l’anno nuovo, che si credeva fossero ispirati dagli dèi e che quindi andavano onorati.

Nelle saghe vichinghe avviene spesso che qualche eroe pronunci, sotto la guida divina, un giuramento impossibile o che va contro il buonsenso (come ad esempio rubare la moglie del fratello, sconfiggere un potentissimo avversario o vendicarsi su un amico o congiunto), ma in ogni caso sa che dovrà adoperarsi per onorare il voto, perché le parole pronunciate dopo aver bevuto dalla Coppa di Bragi sono sacre e stabiliscono il destino degli uomini.

Le storie dei più coraggiosi eroi vichinghi e di come cercarono con ogni mezzo di rispettare il voto pronunciato di fronte alla Coppa di Bragi sono raccolte nel volume Saghe Vichinghe.

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Un altro rituale norreno era il minni (che significa memoria), ovvero il brindare agli dèi o ai compagni caduti, ricordandoli e rendendo così onore alla loro memoria.

Dopo aver parlato della birra nel mondo sumero, egizio e nordico, non so a voi, ma a me è venuta una certa sete. Non ci resta dunque che brindare agli dèi e agli eroi del nostro passato, alzando i nostri calici e ricordando le loro grandi gesta!

Questi e molti altri miti sumeri, babilonesi, egizi, norreni e finlandesi sono raccontati nei libri della collana Meet Myths.

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