Tolkien e I Miti del Nord

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Questo articolo nasce da un incontro che ho tenuto in occasione della Festa delle Fate, nella suggestiva cornice del Lago di Garda, sulle leggende nordiche che hanno ispirato il Maestro del Fantasy.

Per me è stato bellissimo raccontarvi miti norreni, celtici e lapponi, arrivando scortata dai Nazgul e avendo tra il pubblico personaggi a me cari come Aragorn, Gandalf e Galadriel che ascoltavano con grande interesse.

A distanza di un anno, è stato davvero interessante raccontarvi di nuovo questi miti e leggende, stavolta in occasione del festival celtico Triskell. Ringrazio gli impavidi che hanno sfidato il vento e la furia degli elementi per venirmi ad ascoltare nella suggestiva radura boschiva del Cerchio di Pietre. 

A grande richiesta da parte di coloro che sono arrivati un po’ in ritardo e che non sono riusciti ad ascoltare sin dall’inizio, o di coloro che purtroppo non erano presenti, ho deciso di scrivere un articolo sulle cose di cui ho parlato nel corso della conferenza. 

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Tolkien e I Miti del Nord

 

Tolkien era un filologo, ovvero studiava le lingue e le tradizioni antiche, e non avrebbe potuto essere altrimenti per l’uomo che creò un mondo vasto, complesso ma assolutamente coerente come quello di Arda.

Nel dar vita a uno dei più affascinanti regni fantastici mai creati, Tolkien s’ispirò a miti e leggende reali, e probabilmente fu proprio grazie a questo sapiente lavoro di ricerca che il suo universo resta, anche dopo tutti questi anni, ineguagliato nel mondo del fantasy, di cui Tolkien è considerato il padre fondatore.

Da studiosa di antiche leggende e da grande appassionata de Il signore degli Anelli, le somiglianze tra il mondo tolkieniano e quello dei miti celtici e norreni non mi sono sfuggite, ma lungi dal considerarla una nota di demerito, ritengo che la bellezza delle sue opere stia anche negli echi mitologici che riescono a generare nell’animo di chi legge, e oggi vorrei andare quindi alla scoperta di quali sono i miti e le leggende che hanno ispirato il grande maestro del fantasy.

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Faccio questa ricerca con il massimo rispetto verso l’uomo che considero come uno dei miei mentori, tenendo ben presente il fatto che Tolkien sentisse il desiderio di donare uno scenario mitologico all’Inghilterra, che secondo lui aveva perduto le proprie radici nel 1066, con l’invasione normanna, e successivamente aveva smarrito il contatto con le origini nel corso della Rivoluzione Industriale.

Tolkien si prefigge quindi di scavare nel passato inglese, cercando reminiscenze celtiche e norrene, per riportare in vita gli echi di una tradizione sul punto di scomparire, proprio come avvenne agli elfi o ai celtici sidhe, che per fare spazio agli uomini dovettero svanire tra le nebbie.

In questo viaggio attraverso i miti tolkieniani e non, vorrei partire prendendo in considerazione il mondo intero, Arda. Sì, anche io ho scritto un libro che s’intitola così, e non si tratta di una scopiazzatura dal maestro, bensì io e lui abbiamo semplicemente preso spunto dalla medesima fonte, ovvero l’Edda poetica.

Nel mondo norreno, Jordr è la madre terra, ma anche una gigantessa, madre di Thor, identificata con la Terra stessa. Nelle fonti viene chiamata anche Jard, Erd, Erda o Arda, e riusciamo a riconoscere tuttora il medesimo significato nell’inglese earth o nel tedesco Erde, che appunto significano Terra.

Il mondo di Tolkien quindi s’identifica già come un mondo fondato sul mito, ma non solo su quello inventato da lui, bensì sui reali echi della nostra tradizione. E’ per questo che funziona ed è tanto meraviglioso!

Già il fatto che abbia chiamato il luogo dove sono ambientate gran parte delle vicende Terra di Mezzo, ci ricorda la norrena Midgard, che ha proprio il medesimo significato!

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I nove mondi della mitologia norrena, con Midgard al centro

Vediamo quindi quali sono le creature che popolano questo mondo: si tratta di elfi, nani, orchi, uomini… ciascuna di queste razze è ben definita, ha una civiltà e un aspetto proprio che la differenzia nettamente dalle altre, e queste caratteristiche peculiari sono divenute col tempo il paradigma con cui sono state utilizzate anche nel fantasy di più ampio raggio. Interessante è scoprire che tutte queste creature erano presenti nel panorama norreno.

I nani, ad esempio, sono descritti nell’Edda proprio come quelli del Signore degli Anelli. Sono tozzi, barbuti, ma grandi artigiani ed esperti di metalli preziosi. Lo stesso nome di Gimli nell’Edda rappresenta Gimlé, una delle dimore divine dove i giusti vivranno dopo il Ragnarok, e questo è solo un esempio, perché molti altri personaggi hanno nomi di retaggio anglosassone o nordico. Sembra quasi fatto apposta (e forse lo è), perché nella dimora celeste chiamata Gimlé vivano gli elfi… e non è stato forse Gimli il primo nano a stringere un legame saldo e duraturo con un elfo? Non è stato lui l’unico nano a venire accolto a Valinor, tra gli elfi?

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Mi viene in mente una citazione tratta dal film Il Ritorno del Re:

Gimli: Chi pensava di morire combattendo fianco a fianco a un Elfo?
Legolas: E invece fianco a fianco ad un amico?
Gimli: Sì… Questo potrei farlo!

Anche tutti gli altri nani hanno nomi norreni, tutti presenti tutti nella Voluspa, uno dei capitoli dell’Edda Poetica, dov’è citato anche il nome di Gandalf.

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Parliamo invece del popolo che è entrato più di tutti nell’immaginario collettivo proprio grazie a Tolkien, ovvero gli elfi. Lungi dall’essere creature piccole e scherzose, simili a folletti, gli elfi di Tolkien sono alti, raffinati e luminosi, ma questo non significa che siano una deviazione rispetto alla nostra tradizione.

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Nell’immaginario norreno, esistono vari tipi di elfi, alcuni sono eleganti e luminosi e si chiamano Ljosalfar, descritti in modo simile agli Eldar, mentre altri sono oscuri e sono gli Svartalfar, che vivono nel sottosuolo (insomma, i moderni drow, per chi conosce la saga di Drizzt do’Urden).

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Ritengo però che la mitologia che più di tutte abbia influenzato la visione tolkieniana degli elfi sia quella celtica. L’Irlanda infatti venne un tempo colonizzata da misteriosi invasori venuti da lontano: erano alti, luminosi e belli, dotati di poteri superiori e di magici artefatti. Sono i Tuatha de Danann, popolo fatato che si troverà a scontrarsi con una stirpe di uomini giunti dalla penisola iberica, i Milesi.

La battaglia sarà vinta da questi ultimi e i Tuatha de Danann furono costretti a lasciare questo mondo, ritirandosi nel reame oltre le nebbie, dove continuarono ad abitare tumuli e rovine, facendosi chiamare Aes Sidhe (ovvero il popolo dei tumuli).

Chi tra voi ha letto I Racconti Perduti, ricorderà con quanta nostalgia viene descritto il progressivo svanire degli elfi sull’isola di Tol Eressea, che non è altro che l’antica Inghilterra. Se non siete convinti dell’identificazione tra Tol Eressea e la terra di Albione, vi basti pensare che uno dei porti degli Eldar lì situati si chiamava Avalonne, proprio come la mitica Avalon delle saghe arturiane e celtiche.

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Insomma, proprio come i Tuatha de Danann scomparvero lentamente dal suolo irlandese, lasciando solo echi leggendari, lo stesso avvenne, secondo Tolkien, per gli elfi in Inghilterra.

L’idea che Tol Eressea sia proprio la sua cara patria venne poi progressivamente messa da parte, tanto che se ne trovano accenni solo nei Racconti Perduti, e non anche nel Silmarillion, che tuttavia ripropone molti dei nuclei narrativi presenti nei Racconti.

Sappiamo che Tolkien, essendo un filologo, lesse e amò particolarmente Beowulf, l’Edda poetica, il Nibelungenlied, ma non dimentichiamo che fu profondamente ispirato anche dal Kalevala, l’epica finlandese.

Una cosa che talvolta gli si rimprovera (a mio avviso da coloro che non hanno bene inteso il proposito di Tolkien di creare un mondo sopra un substrato mitologico che potesse in questo modo far sopravvivere i miti che rischiavano, proprio come i sidhe, di svanire nelle nebbie del tempo) è quella di aver preso spunto in modo troppo palese dalla Saga dei Nibelunghi, vediamo perché.

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Manoscritto del Nibelungenlied

In questo nucleo narrativo troviamo un anello dai grandi poteri, forgiato con l’oro del Reno, che mette nei guai chiunque ne sia in possesso, un giovane che non conosce il proprio passato ma che, grazie a una spada riforgiata, prenderà in mano il proprio destino, e alla fine un grande incendio che condurrà alla rovina coloro che lottano per impadronirsi dell’anello, che infine tornerà alle proprie origini.

Vi ricorda qualcosa?

Certo, molti elementi sono comuni, ma la storia di Sigfrido (o Sigurd) e dell’anello è in realtà molto diversa agli occhi di chi la conosce veramente, e non ne ha letto solo la sinossi. Somiglia a Il Signore degli Anelli? Certo che sì, ma per i motivi che vi ho spiegato qui sopra!

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Nel mondo norreno gli anelli magici sono un motivo dominante: Odino ne ha uno, chiamato Draupnir, che ogni nove notti si moltiplica, dando origine ad altri nove anelli identici. Nove è un numero importante, non sono nove anche i Nazgul, gli Spettri dell’Anello?

Un altro dei principali artefatti norreni è Brisingamen, la collana di Freya, forgiata dai nani e fonte di grandi lotte e gelosie. Nel Silmarillion vi è un intero nucleo narrativo basato sulla lotta tra elfi e nani per il possesso della Nauglafring, collana creata dai nani dove fu incastonato il Silmaril che Beren e Luthien avevano sottratto dalla corona di Melkor.

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Anche i personaggi che vediamo muoversi nel mondo di Tolkien portano con sé echi leggendari:

uno dei più palesi è Gandalf, che viene chiamato Mantogrigio dai Rohirrim, Corvotempesta da Vermilinguo… e tutto ciò mi ricorda terribilmente Odino, il grigio pellegrino che vaga per il mondo alla ricerca della conoscenza, anche lui dotato di una lunga barba e di un mantello scuro e di intenti enigmatici che spesso gli uomini non comprendono. I corvi e la tempesta evocati da Vermilinguo non fanno che richiamare ancor di più la figura di Odino, dio della tempesta e accompagnato dai suoi inseparabili corvi. Lo stesso Tolkien, in una lettera, ammette di aver concepito il personaggio di Gandalf come un “vagabondo odinico”.

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Odino

 

Gandalf porta il nome di un nano della mitologia norrena, elencato all’interno dell’Edda Poetica, e di un re presente nell’Heimskringla, la Cronaca dei Re del Nord. Inizialmente, Tolkien voleva utilizzare questo nome per Thorin Scudodiquercia, colui che guiderà la compagnia dei nani ne Lo Hobbit, ma infine lo assegnerà allo stregone che accompagnerà sia i nani verso la Montagna Solitaria che la Compagnia dell’Anello verso l’oscura Mordor.

Immagino però di non aver detto nulla di nuovo, anche richiamando la vostra attenzione su Merlino, il barbuto incantatore della mitologia celtica e delle saghe arturiane, che in principio era una sorta di vecchio druido folle nel folklore gallese, ma forse era ritenuto pazzo solo perché gli uomini non riuscivano a comprendere del tutto i suoi scopi. Non avviene spesso la medesima cosa anche al nostro Mithrandir?

Dopo aver parlato di celti e di norreni, arriviamo alla fonte tolkieniana forse meno conosciuta, ovvero l’epica nazionale finlandese chiamata Kalevala. Anche qui vi è un personaggio che potrebbe ricordarci Gandalf: si tratta infatti di un vecchio saggio e barbuto nato prima del mondo, dotato di grandi poteri che, per di più, è alleato di un’aquila che talvolta lo accompagna in volo sul proprio dorso. Si tratta di uno sciamano di nome Väinämöinen, che secondo alcuni studiosi però non sarebbe l’archetipo a cui Tolkien s’ispirò per Gandalf, ma piuttosto per Tom Bombadil.

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Väinämöinen

Un concetto molto importante nel Kalevala, dove la magia è sciamanica, è quello del canto: per avere il potere su qualcosa, bisognava conoscerne a fondo le origini e cantarle secondo gli incantesimi appropriati, come fa anche Tom per modificare la realtà che lo circonda. Nel canto di Tom Bombadil e nel suo conoscere profondamente i luoghi e le creature che insidiano gli hobbit nelle paludi, nel suo placare il Sinuosalice usando una melodia, troviamo proprio gli echi di questa stessa forma di magia sciamanica.

Väinämöinen è uno sciamano e quando compie un prodigio, lo fa perché conosce bene la natura e le origini di qualcosa ed è in grado di cantarle.

Il Kalevala continua ad ispirare Tolkien anche nella storia di Turin Turambar, che ricalca quella di Kullervo, l’eroe sfortunato che per errore amò la sua stessa sorella e che in tutta la sua vita non ebbe una sola gioia a causa di Untamo, il suo nemico giurato, che riuscì a sconfiggere prima di darsi la morte, incapace di tollerare il dolore della propria esistenza.

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Anche Turin Turambar amò la sorella, che aveva perso la memoria a causa del drago Glaurung, e andò incontro al suo tragico destino. Si dice però che alla fine dei tempi, quando Melkor tornerà per combattere la grande battaglia contro i Valar, Turin sarà in prima linea per combatterlo e sarà proprio lui, che più di tutti ha sofferto a causa sua, a ucciderlo, trapassandogli il cuore.

L’idea di una resa dei conti finale, chiamata Dagor Dagorath (Ambar-metta in quenya), nella quale Melkor tornerà nel mondo e distruggerà il Sole e la Luna, dando inizio alla grande battaglia dove parteciperanno tutti i popoli della Terra di Mezzo, defunti compresi, ricorda molto il Ragnarok, la fine del mondo norreno.

Anche qui Loki, che è stato catturato dagli altri dèi e confinato, riuscirà a spezzare le sue catene e cercherà di distruggere il mondo. Il Sole e la Luna saranno inghiottiti da Skoll e Hati, i due famelici lupi, e le divinità scenderanno in campo, accompagnate dalle legioni di eroici guerrieri del Valhalla. Alla fine dello scontro, il vecchio mondo sarà completamente devastato e sarà dunque tempo di una nuova era.

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Lo stesso avviene anche nel mondo di Tolkien, che prevede una nuova Musica degli Ainur che darà vita a un nuovo mondo, ma stavolta al fianco degli Ainur anche gli uomini canteranno, guadagnandosi quindi un posto d’onore nella creazione della nuova epoca.

Grazie infinite per la vostra attenzione!

Se siete interessati a conoscere meglio le leggende norrene, celtiche o finlandesi di cui vi ho parlato in questo articolo, la collana Meet Myths conta tra i suoi volumi:  I Miti Norreni, Edda: il Canto di Odino, Saghe Vichinghe, Il Canto dei Nibelunghi, Miti Celtici e Leggende dal Kalevala, ovvero le tradizioni che ispirarono uno dei mondi fantastici più belli di tutti i tempi.

Anar kaluva tyelianna!

Possa il sole risplendere sul vostro cammino!

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